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Balbuzie e genitori: impatto emotivo

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L’ impatto emotivo sui genitori, qualora un figlio/a balbetti, è stato poco studiato. Ricerche specifiche sull’argomento non sono ancora state svolte, pertanto ciò che possiamo trasmettere è soltanto l’ osservazione, nata dall’esperienza personale, del singolo counselor. Nonostante nella maggioranza dei casi la famiglia e l’ambiente di riferimento del bambino sappiano trovare le risorse interiori per affrontare il problema, capita di sovente che il vissuto dei genitori procuri sofferenza e disagio, sia al bambino, che ai genitori stessi. Nel caso in cui uno di loro sia una persona che balbetta il timore di essere responsabile di aver geneticamente trasmesso il disturbo o di aver involontariamente fornito un modello linguistico errato ingenerano sensi di colpa così profondi che a volte portano alla negazione stessa del problema. Altre volte l’ aver offerto un’educazione rigida, causa di ansia per il bimbo, oppure un’eccessiva protezione, originano paure che raggelano e bloccano, ispirando un circolo vizioso di ansia e protezione che si autoalimenta. Ricordando e sottolineando che la balbuzie possiede un insieme di concause nel suo dispiegarsi, a cui tuttora non sappiamo dare una risposta certa e univoca, resta avvalorato il fatto che un ambiente familiare sereno rappresenti un fattore di protezione per ogni bambino, tanto più se sta attraversando momenti di difficoltà a causa di una disfluenza che si spera non si strutturi in balbuzie. Sebbene l’80% dei bambini che presentano episodi di balbuzie risolveranno spontaneamente il problema ed il trattamento di gruppo sia indicato dopo gli otto anni, molto si può fare prima di quest’età. Il modello di intervento vuole, in primis, andare incontro a quello che è un reale bisogno della famiglia del minore: fornire informazioni e rassicurazioni. Perchè, come ben diceva

Bateson (1956): un’informazione è una differenza che crea differenza.

In seconda battuta gli incontri tra genitori e counselor verranno schedulati periodicamente, per monitorare l’andamento del disturbo e per insegnare modelli di comunicazione facilitanti e accorgimenti che possano essere utilizzati dai familiari stessi durante le quotidiane conversazioni coi bambini. Una recente ricerca (Deqan et al., 2008) avvalora ciò che agli operatori del settore è già noto per esperienza diretta: quando un bimbo balbetta la madre velocizza il ritmo nel parlato, aumentando così, in maniera del tutto inconsapevole, la severità della balbuzie nel suo figliolo.

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