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Balbuzie a 3 anni … Che fare?

asilo-balbuzie

Con la ripresa della scuola materna ricevo molte mail come questa, così ho deciso di affrontare l’argomento in un articolo per chiarire le idee ed offrire una prima risposta al problema.

E’ importante contenere l’allarmismo e gestire l’ansia anche se purtroppo non esiste una metodologia che permetta di stabilire un’attendibile previsione futura. E’ possibile soltanto fornire delle indicazioni di massima, che NON hanno il potere della certezza. Allo stato attuale delle ricerche, possiamo parlare soltanto di stima indicativa dei fattori di rischio e di protezione per lo sviluppo di una balbuzie cronica.
Guardando all’intero gruppo di bambini che balbettano in età prescolare, circa il 75% di loro avrà un naturale recupero da 1 a 4 anni dalla comparsa della disfluenza (Yairi & Ambrose,1999, 2004); la questione seguente resta, come determinare chi cade in questo gruppo e chi continuerà a balbettare?
  • Circa il 5% dei bambini (maschi e femmine in egual misura) in età prescolare avrà problemi di balbuzie per un certo periodo
  • Il 75% di loro avrà un recupero spontaneo
  • Dopo 2 anni dall’esordio la possibilità di recupero spontaneo è del 47%
  • Dopo 3 anni del 16%
  • Dopo 4 del 5%
Un fattore di predizione per un possibile recupero spontaneo è il genere sessuale:
MASCHI
  • CIRCA IL 25% avrà un recupero spontaneo dopo 2 anni dall’esordio
  • 50% avrà ancora un r.s. in tempi successivi
  • 25% svilupperà una balbuzie cronica
FEMMINE
  • 45% avrà un recupero spontaneo dopo 2 anni dall’esordio
  • 40% avrà ancora un r.s. in tempi successivi
  • 15% svilupperà una balbuzie cronica
= LE FEMMINE HANNO PIU’ POSSIBILITA’ DI RECUPERO RISPETTO AI MASCHI
Un altro indicatore più preciso è la storia familiare (Ambrose et al., 1997). Un bambino che proviene da una famiglia con una storia di più individui che balbettano nell’età adulta ha una percentuale più alta di probabilità di balbuzie persistente, mentre una storia familiare di recupero spontaneo precoce o nessuna storia familiare di balbuzie può indicare una scomparsa del disturbo. E’ da tenere presente che un considerevole numero di famiglie con bambini che balbettano riferiscono di non essere a conoscenza di una storia di balbuzie familiare. Ci possono essere due ragioni : primo, possono esistere casi di balbuzie nelle passate generazioni che nessuno ricorda; secondo, al giorno d’oggi le famiglie sono nucleari e sovente di piccole dimensioni. Quando le famiglie hanno solo uno o due figli ovviamente la balbuzie ha molte meno probabilità di manifestarsi.
In aggiunta al genere sessuale e alla storia familiare le caratteristiche della disfluenza hanno una relazione con l’esito futuro. Coloro che non hanno manifestato una decisa diminuzione dei blocchi e delle ripetizioni a un anno, un’anno e mezzo dall’esordio hanno probabilità più elevate di far parte del gruppo dei balbuzienti cronici. Certamente la balbuzie in età prescolare può variare in intensità secondo i periodi, i bambini possono balbettare severamente per qualche settimana e poi migliorare drasticamente per poi ritornare nuovamente al livello precedente. Coloro che smettono, comunque, manifestano una complessiva tendenza alla diminuzione e picchi di balbuzie molto severa risultano pressochè assenti. Esiste anche il caso di bambini che continuano a balbettare mantenendo costantemente un basso livello di gravità, senza però mai mostrare periodi di remissione. Fermo restando che, come dice bene Bernstein Ratner (1997) , “conoscere le probabilità non può pronosticare il futuro”.
Ad ogni buon conto invito i genitori a leggere il seguente articolo (Consigli ai genitori), con indicazioni utili per bambini di qualsiasi età.
Resta inteso che la lettura di questi approfondimenti non sostituisce in alcuna maniera l’incontro con una figura professionale adeguatamente formata ad affrontare queste tematiche. La circolarità del dialogo permetterà chiarimenti e riflessioni che la parola scritta altrimenti blocca ed impedisce.

 

 

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Balbuzie e genitori: impatto emotivo

impatto emotivo balbuzie

L’ impatto emotivo sui genitori, qualora un figlio/a balbetti, è stato poco studiato. Ricerche specifiche sull’argomento non sono ancora state svolte, pertanto ciò che possiamo trasmettere è soltanto l’ osservazione, nata dall’esperienza personale, del singolo counselor. Nonostante nella maggioranza dei casi la famiglia e l’ambiente di riferimento del bambino sappiano trovare le risorse interiori per affrontare il problema, capita di sovente che il vissuto dei genitori procuri sofferenza e disagio, sia al bambino, che ai genitori stessi. Nel caso in cui uno di loro sia una persona che balbetta il timore di essere responsabile di aver geneticamente trasmesso il disturbo o di aver involontariamente fornito un modello linguistico errato ingenerano sensi di colpa così profondi che a volte portano alla negazione stessa del problema. Altre volte l’ aver offerto un’educazione rigida, causa di ansia per il bimbo, oppure un’eccessiva protezione, originano paure che raggelano e bloccano, ispirando un circolo vizioso di ansia e protezione che si autoalimenta. Ricordando e sottolineando che la balbuzie possiede un insieme di concause nel suo dispiegarsi, a cui tuttora non sappiamo dare una risposta certa e univoca, resta avvalorato il fatto che un ambiente familiare sereno rappresenti un fattore di protezione per ogni bambino, tanto più se sta attraversando momenti di difficoltà a causa di una disfluenza che si spera non si strutturi in balbuzie. Sebbene l’80% dei bambini che presentano episodi di balbuzie risolveranno spontaneamente il problema ed il trattamento di gruppo sia indicato dopo gli otto anni, molto si può fare prima di quest’età. Il modello di intervento vuole, in primis, andare incontro a quello che è un reale bisogno della famiglia del minore: fornire informazioni e rassicurazioni. Perchè, come ben diceva

Bateson (1956): un’informazione è una differenza che crea differenza.

In seconda battuta gli incontri tra genitori e counselor verranno schedulati periodicamente, per monitorare l’andamento del disturbo e per insegnare modelli di comunicazione facilitanti e accorgimenti che possano essere utilizzati dai familiari stessi durante le quotidiane conversazioni coi bambini. Una recente ricerca (Deqan et al., 2008) avvalora ciò che agli operatori del settore è già noto per esperienza diretta: quando un bimbo balbetta la madre velocizza il ritmo nel parlato, aumentando così, in maniera del tutto inconsapevole, la severità della balbuzie nel suo figliolo.

La balbuzie infantile: definizione e recenti indicazioni

balbuzie bambini

La balbuzie esordisce in genere tra i 2 ed i 7 anni di età con un picco intorno ai 5 e viene definita rispettivamente balbuzie primaria, balbuzie precoce, balbuzie infantile etc. Sappiamo con certezza che ne sono colpiti circa il 5% dei bambini in ogni cultura e società in ogni parte del mondo, mentre una recente ricerca australiana (Pediatrics, Vol. 123 No. 1 Gennaio 2009) riferisce addiritttura un’incidenza dell’8,5% all’età di 3 anni che sembra associata al momento di rapido sviluppo del sistema-linguaggio e all’esplosione del vocabolario.
E’ assodato che circa il 75% di loro andranno incontro ad una graduale risoluzione del disturbo mentre l’1% cronicizzerà la disfluenza. E’ comunque importante che la famiglia ed i care-givers del bambino attuino degli specifici comportamenti per fare in modo che il bimbo non resti traumatizzato o colpito negativamente nella sua autostima in questi periodi di difficoltà nella parola.
A ciò si aggiunge che agire prontamente insegnando una tecnica per il controllo della balbuzie in giovane età farà in modo che le ricadute psicologiche del non poter comunicare come si vorrebbe non segnino stabilmente la personalità del bambino in via di evoluzione.
Recenti studi effettuati su un ampio campione di gemelli avvalorano l’ipotesi di una sorta di vulnerabilità familiare alla balbuzie, sia per quanto riguarda la cronicizzazione sia per la risoluzione spontanea.*
Tali scoperte non devono spaventare nè colpevolizzare i genitori, piuttosto incoraggiarli e contenere l’allarmismo di cui sono spesso vittime inconsapevoli, frutto di informazioni ormai superate e scientificamente non validate. La genesi della balbuzie è da ricercare in molte cause di svariata e complessa origine, il fattore psicologico come elemento principe è ormai un concetto superato a livello internazionale. Ci si può avvalere di un parallelismo medico per far capire ai familiari la complessità e nel contempo la semplicità del fenomeno: sarebbe come ritenere che l’acquisto di un cucciolo ha causato forti crisi di asma in un bambino portato a manifestare il disturbo e pensare che senza l’elemento scatenante la difficoltà respiratoria non sarebbe mai apparsa. La reazione è solitamente di un gran sollievo.
L’ambiente andrà sicuramente modificato per il benessere del bambino di concerto al metodo scelto per  affrontare la disfluenza, ma non per questo il genitore si deve sentire responsabile di aver ingenerato il disturbo, che prima o poi sarebbe facilmente apparso a fronte di un qualsiasi altro stress ambientale.

* Genetic etiology in cases of recovered and persistent stuttering in an unselected, longitudinal sample of young twins. Dworzynski K., Remington A., Rijsdijk F., Howell P., Plomon R., – Am J Speech Lang Pathol. 2007 May; 16(2): 169-178

Carta dei fattori di rischio della Stuttering Foundation of America

Fattore di rischioPiù probabile l’evoluzione in balbuzieVero per il mio bimbo
Storia familiare di balbuzieGenitori, o altro parente che balbetta
Età d’esordioDopo i 3 anni e mezzo
GenereMaschio
Tempo trascorso dall’esordioBalbetta da 6/12 mesi o più
Altri problemi di linguaggioErrori nei suoni, difficoltà nell’essere compreso, difficoltà nel seguire le istruzioni

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