Categoria: Balbuzie

Nono Congresso internazionale sulla balbuzie

ISA (International Stuttering Association) e AAT (Asociation Argentina de Tartamudez) organizzano in Argentina il 9° Congresso Internazionale per Balbuzienti contestualmente al 2° Congresso LatinoAmericano. Si terrà nell’Aula Magna della Facoltà di Medicina a Buonos Aires nei giorni 18, 19, 20 e 21 Maggio 2011. Un’occasione unica che vedrà insieme le persone che balbettano, i loro familiari e ricercatori provenienti da ogni parte del mondo.

Differenti linguaggi, culture e idee unite per accettare, integrare e comprendere.

Domande frequenti sulla balbuzie

Passerà da sola? La balbuzie si manifesta nel 5% dei bambini tra i 2 ed i 7 anni d’età; il 75-80% di loro torneranno gradualmente alla fluenza; IMP: qualora  persista oltre i 12/18 mesi dall’esordio, le probabilità di una risoluzione spontanea diminuiscono e diventa necessario iniziare un percorso rieducativo.
Quali sono le cause della balbuzie? Al momento si ritiene che l’origine  della balbuzie sia da imputarsi a più fattori: ereditari (all’incirca il 50% dei balbuzienti hanno precedenti in famiglia), neurofisiologici, fattori legati allo sviluppo e/o alle dinamiche familiari che possono esacerbare il disturbo.
Se la balbuzie ha una componente genetica non posso farci nulla? Falso. Il pensiero comune spesso comporta questo mito: genetica=impotenza. Niente di più errato. Gli studi servono semmai  a comprendere meglio il problema. La consapevolezza dell’origine in parte genetica non deve essere paralizzante, ma stimolare all’azione i genitori qualora il bimbo balbetti da 12/18 mesi.
La balbuzie è dovuta ad un trauma? Falso. La convinzione della causa psicologica è ormai superata a livello internazionale. Bambini ed adulti che balbettano non differiscono da chi è fluente relativamente a disordini psicologici. Spesso spiccano per maggiore sensibilità, ma questa peculiarità non costituisce certamente la causa, semmai  rappresenta una caratteristica distintiva.
Le persone che balbettano sono meno intelligenti? Falso. L’intelligenza è assolutamente normale, l’autonomia e la consapevolezza del proprio valore vanno sempre stimolate e salvaguardate. Spesso, per compensazione,  chi balbetta ha maturato un ampio vocabolario, utile alla sostituzione dei vocaboli all’insorgere dei blocchi. Non di rado, una volta acquisita la fluenza, l’ eloquio è particolarmente ricco ed elaborato.
E’ colpa dei miei genitori se balbetto? Falso. I genitori possono migliorare i loro stili comunicativi e di vita, ma non per questo vanno colpevolizzati o ritenuti responsabili dell’insorgere del problema, che ha tutt’altra causa. Purtroppo in parte ancora sconosciuta.
La balbuzie si apprende per imitazione? Falso. La balbuzie non si “attacca”, non è un virus. Né un genitore, né un compagno di scuola balbuziente possono esserne ritenuti responsabili. Ad oggi nessuna ricerca lo dimostra.
E’ d’aiuto dire: “prendi un bel respiro… pensa a ciò che vuoi dire prima di dirlo”? Falso. No, non è d’aiuto. Anzi…  Sottolinea il problema in maniera controproducente, stimolando ulteriore tensione. E’ invece utile ascoltare attivamente e parlare lentamente senza interrompere.
Lo stress causa la balbuzie. Falso. Non causa direttamente la balbuzie, anche se la peggiora. L’ansia, in chi balbetta, è legata al linguaggio ed è una conseguenza della difficoltà nel comunicare che dovrebbe essere di facile comprensione anche per chi non è balbuziente.
E’ possibile smettere di balbettare? Vero. Non esistono cure miracolose che sortiscono effetti in breve tempo ma programmi che aiutano nel controllo del disturbo e che spesso portano a una gestione talmente soddisfacente ed efficace tale da far considerare il problema superato.  Per arrivare a questo è però necessario un approccio personalizzato a medio/lungo termine, che si avvalga di una tecnica specifica e che si faccia carico anche delle componenti relazionali, comunicative ed emotive.

Il Discorso del Re, la balbuzie ha il suo eroe

E’ da poco arrivato nelle sale italiane “The King’s Speech” – il Discorso del Re, film candidato a ben 12 premi Oscar. Il lungometraggio inglese narra la storia vera di Re Giorgio VI (interpretato da Colin Firth), monarca affetto da una forma di balbuzie caratterizzata da blocchi silenti nel flusso della parola. Balbuzie che il sovrano riuscirà a superare grazie all’aiuto del logoterapeuta poi amico Lionel Logue (Geoffrey Rush), il quale lo guiderà fino a portarlo ad affrontare un discorso radiofonico che segnerà il futuro ed il bene dell’Inghilterra: l’entrata in armi del paese contro la Germania nazista.

Come in passato il film “Rain Man” per l’autismo, così “Il Discorso del Re” aiuta l’informazione sulla balbuzie, delineandola per ciò che veramente è, sfatando i miti ed i pregiudizi infondati e portandola alle luci della ribalta e della cronaca.
Si rompe così il muro del silenzio e dell’imbarazzo. Finalmente se ne può parlare!

Colin Firth è abilissimo nel trasmettere al pubblico le emozioni ed i turbamenti conseguenti al disturbo: frustrazione, demotivazione, ansia, paura, rabbia. La balbuzie è tratteggiata magistralmente nelle sue peculiarità, non ultimo i consueti errori e le apprensioni che attraversano i genitori: “Procedi con calma, pronuncia le parole con attenzione, rilassati… “, giungendo fino all’ esplosione della disperazione : “Provaci e basta, fallo!!”
Infine rispecchia come avviene un efficace trattamento della balbuzie  nelle sue varie sfaccettature: il lato tecnico, l’ imprescindibile ascolto attivo ed empatico senza mai concessioni al contagio emotivo e l’enorme importanza che riveste il sostegno familiare, nel film incarnato dalla moglie del Re, donna che ama incondizionatamente.
I protagonisti:
  • Lionel Logue, un vero coach della parola carismatico e anticonvenzionale che riesce a motivare nel Re un forte e costante impegno fino ad educarlo al controllo del suo disturbo, accettandone le esitazioni rimaste.
  • Il Re, prima uomo che monarca, nel suo commovente discorso finale incarna il coraggio e le sfide che ogni giorno devono affrontare le persone che balbettano: ora, anche la balbuzie ha la sua icona.
Bravo, Colin! Come scrive la stampa americana: una guerra di parole, un film che innalza lo spirito.

 

Balbuzie ed empatia, facciamo il punto

E’ noto come la balbuzie si manifesti somaticamente con blocchi nel parlato, esitazioni e prolungamenti di suono sebbene troppo spesso ci si focalizzi soltanto su cosa appare all’esterno, su ciò che è udibile, ritenendolo l’unico fattore degno di nota; non consideriamo il vissuto interno e le conseguenze emotive che comporta un disturbo che colpisce così pesantemente la sfera della comunicazione. Non poter esprimere cosa si vuole quando si vuole ingenera nel tempo una sensazione di impotenza appresa, causando un’impressione di perdita di controllo (Quesal, 2010).

Convinzione che porterà nel tempo chi balbetta ad evitare le situazioni temute, al silenzio imposto a se stessi per timore della brutta figura, quando invece ci sarebbe “tanto da dire e da comunicare”. La balbuzie è variabile e ciclica per sua natura. Variabile nel senso che si presenta più o meno gravemente in base alle circostanze e situazioni (meno in contesti scevri da ansia da prestazione, quasi nulla parlando da soli e nella lettura all’unisono, assente nel canto), ciclica nel senso che può attenuarsi nel tempo per poi inaspettatamente ricomparire, senza un perché o una causa scatenante. Le persone che balbettano ritengono di poter essere comprese soltanto da chi è colpito dal medesimo problema, ed in effetti hanno spesso – anche se non sempre – ragione. Per poter comprendere almeno in parte, è necessario far ricorso all’empatia. Ma cos’è l’empatia? E’ la capacità di mettersi in contatto con un’altra persona, immedesimandosi sino a coglierne gli stati d’animo. (Dizionario di scienze psicologiche, Edizioni Simone); che non saranno mai esattamente uguali, ma “come se”. In parole povere immaginare di camminare con le scarpe di un altro. E’ per questo che i programmi che affrontano la rieducazione del parlato dovrebbero rivolgersi non soltanto all’apprendimento di tecniche per riguadagnare la fluenza, misurando la riuscita dell’intervento in base all’assenza o meno dei blocchi. Ma porre come centrali le sfere relazionali ed emotive, accompagnando la persona che balbetta in un cammino di cambiamento avvalendosi delle risorse interiori e dei punti di forza – unici per ognuno, col fine ultimo di  riprendere il controllo della propria vita.

Fonti

1.

Quesal RW. Empathy: perhaps the most important E in EBP. Semin Speech Lang. 2010 Nov;31(4):217-26. PMID: 21080294. [PubMed] [Read by QxMD]

balbuziente cantare

Balbuzie e canto

Non si balbetta nè per timidezza, nè per troppa emotività. Le ragioni sono svariate e complesse ma non sono psicologiche.

Solo fino a pochi anni fa la balbuzie era ancora avvolta da un alone di mistero.
Grazie a complesse tecniche di indagine diagnostica ed esplorativa non invasive (es. PET, risonanza magnetica funzionale, tac etc.), che hanno permesso di indagare zone del nostro corpo prima irraggiungibili, oggi è possibile fornire delle prime risposte a quesiti che lasciavano dubbiosi anche gli operatori del settore.
Tutte le persone che balbettano sanno che durante il canto riescono a modulare la propria voce fluentemente, senza sforzo alcuno, esattamente come accade durante la lettura corale.
Come noto, le zone cerebrali deputate alla produzione del parlato sono posizionate nell’emisfero sinistro del cervello, mentre i risultati delle recenti ricerche (Jeffries, Fritz, Braun – Neuroreport, Brain Imaging, 2003) ci dimostrano che la generazione delle parole durante il canto è associata ad un’attivazione di aree dell’emisfero destro che non corrispondono ad aree omologhe controlaterali; questi risultati suggeriscono che multipli networks neuronali sono coinvolti nel meccanismo della produzione del canto.
La maggiore attivazione dell’emisfero destro ci spiega gli effetti di evocazione della fluenza durante il canto in disordini come l’afasia e la balbuzie e supporta la teoria di una concausa biologica nella genesi e nell’andamento di tale disturbo, spiegandoci perchè cantando  scompaiano i blocchi che restano invece udibili nel parlato comune.
Pur restando necessarie ulteriori conferme, la ricerca continua a rispondere scientificamente agli interrogativi che finora hanno accompagnato la balbuzie, spesso scartando la causa psicologica tra i complessi fenomeni che la contraddistinguono.

Il canto, inoltre, migliora gli effetti dei disturbi del parlato siccome stimola direttamente la muscolatura associata alla respirazione, alla fonazione e all’articolazione della parola. L’atto di cantare produce inspirazioni più profonde e veloci, seguite da espirazioni più regolate ed estese e richiede inoltre che il respiro sia più controllato per riuscire a mantenere le note, infatti controllo vocale ed intensità sono più elevati. In aggiunta vi sono studi che dimostrano come l’allenamento al canto aumenti la forza muscolare respiratoria. Durante gli episodi di balbuzie le corde vocali si contraggono forzatamente (laringospasmo) e cantare, mantenendo l’espirazione costante e controllata, le conserva aperte e rilassate, evitando che il sintomo si presenti.

Ecco spiegato perchè diversi metodi che perseguono il controllo della balbuzie si avvalgono anche dell’insegnamento di tecniche che, in un modo o nell’altro, mirano a modulare diversamente la respirazione.

empatia e compassione

Comunicare con un balbuziente

La balbuzie è un disturbo della comunicazione che colpisce la fascia d’eta’ adulta nell’ordine dell’1% in ogni cultura e società. Ognuno di noi, pertanto, nell’arco della sua vita, ha incontrato almeno una persona che balbetta. Ma… Come comportarsi?
NORMALMENTE! Ovvero dovremmo usare delle buone prassi e comunicare in maniera efficace, come sarebbe auspicabile, d’altro canto, fare sempre.
Innanzitutto ricordiamo che, chi balbetta, ha bisogno di piu’ tempo per riuscire a dire ciò che desidera, pertanto non interrompiamolo con domande pressanti ed evitiamo atteggiamenti impazienti.
Uno degli errori più comuni è suggerire le parole e terminare le frasi al posto loro. Non è detto che ciò che immaginiamo vogliano esprimere sia esattamente ciò che hanno in mente ed è un comportamento che causa nervosismo nel nostro interlocutore, alimentando il disagio come in un circolo vizioso.
Non diciamo: rilassati, stai calmo, prendi un bel respiro… Così facendo lasciamo intendere che pensiamo sia semplice superare i blocchi, invece non lo è per niente! Evitiamo anche il pietismo, non c’è nulla di più imbarazzante o irritante.
Utilizziamo semmai l’ascolto attivo, dimostrando che stiamo ascoltando veramente anche con il linguaggio del corpo, guardando negli occhi, assentendo, ripetendo parte del discorso e dimostrando che siamo interessati a cosa dicono, e non a come lo dicono.

Il paradosso della balbuzie vuole che entrambi si finga di non accorgersi della difficoltà… La persona che balbetta fa di tutto per controllarsi, e spesso non ci riesce. E noi trascorriamo tutta la conversazione sforzandoci di apparire naturali. Non è più naturale rompere la congiura del silenzio, se ci rendiamo conto che è il caso?
Non sempre, ma a volte parlarne aiuta.
Sta alla nostra empatia e sensibilità comprenderlo.

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