La balbuzie, questa sconosciuta: incidenza, definizione e trattamento.
La balbuzie si manifesta all’incirca nell’ 1 % della popolazione adulta, in ogni cultura e società.
Si tratta di un disordine del ritmo della parola nel quale l’individuo sa ciò che vorrebbe dire, ma nel contempo non riesce a farlo a causa di involontari arresti, ripetizioni e blocchi nel flusso aereo.
Le forme prevalenti sono due : clonica e tonica.
La forma clonica – in inglese stuttering – si caratterizza per ripetizioni di fonemi, di sillabe o di intere parole e qualsiasi vocabolo può causare il disturbo. Spesso il balbuziente palesa una certa dose di logofobia, che potremmo definire come la convinzione, in parte errata, che esistano gruppi di fonemi più difficili di altri da pronunciare. Per evitare le parole ritenute problematiche e le situazioni spinose chi balbetta mette in atto le più complesse tattiche: elusione dello sguardo, evitamento della risposta nel dialogo, circonlocuzioni, sostituzioni di parole, etc
Nella forma tonica – stammering – si avvertono invece dei blocchi che impediscono al soggetto addirittura l’inizio della parola o ne interrompono coercitivamente il flusso. Di sovente il disagio può causare tensione generalizzata del corpo, spingendo nel tempo chi ne soffre ad avvalersi di una serie infinita di strategie per vincere l’impasse: sincinesie corporee, ammiccamenti, tics, movimenti degli arti come battere un piede, tamburellare con le dita fino a spasmodici moti del volto. In sostanza una serie di dispendiosi meccanismi per sbloccare la fuoriuscita del flusso aereo.
E’ più comune incontrare forme miste tonico-cloniche, le cui manifestazioni si sommano causando una vera e propria disritmia del parlato, interrompendo la linea melodica ed armoniosa della comunicazione. Può accadere che la parola, in situazioni estreme, si faccia intellegibile. La gravità del problema è molto variabile ed unica per ognuno. Esistono casi in cui la comunicazione si rivela quasi impossibile, altri in cui è discontinua ed altri ancora in cui le difficoltà sono minori e vengono mascherate da sottili meccanismi di compensazione.
A tal proposito sottolineiamo che esiste anche una forma nascosta, che si manifesta nei casi in cui le strategie personali sono apparentemente ben riuscite. Possiamo notare silenzi prolungati prima della risposta, lunghi giri di parole che rendono difficile seguire la continuità logica del pensiero e l’utilizzo costante di parole, fonemi o gesti starter. Si tratta di meccanismi personalizzati che hanno lo scopo di aggirare l’ostacolo o di evitare la pronuncia di “suoni proibiti”. Apparentemente la situazione è ben bilanciata ma il dispendio energetico è comprensibilmente disagevole. Di sovente si tratta di soggetti adulti, con buona cultura di base e con un ricco e forbito vocabolario, spesso conseguenza del tentativo di uscire dal disagio. Non è raro che si tratti di persone che hanno raggiunto un considerevole successo personale.
L’età di insorgenza si colloca solitamente tra i 3 e i 5 anni ma circa l’80% dei bambini che vengono incasellati come balbuzienti, avranno un recupero spontaneo durante l’età scolare. Si tratta di una forma di balbuzie transitoria che nella maggioranza dei casi viene superata nell’arco di un anno e mezzo dall’esordio, è comunque utile che i genitori sappiano come comportarsi in modo tale da non stigmatizzare il problema. La prognosi per le bimbe è generalmente migliore rispetto ai maschi, vi è infatti un’incidenza in età adulta di 4 : 1.
La balbuzie è un disturbo che manifesta un’incidenza statistica superiore nelle persone affette da Sindrome di Down anche se tra chi balbetta esistono frequentemente soggetti precoci e dotati di una spiccata vivacità a livello intellettivo.
E’ ormai superata l’errata e disturbante convinzione della causa traumatica di questa complessa difficoltà nell’eloquio. Negli ultimi dieci anni gli studi sulla genetica e la diagnostica per immagini hanno svelato nuovi orizzonti sulla genesi del disturbo, infatti ad oggi si ritiene che le cause siano da imputare a fattori neurobiologici ed ambientali, piuttosto che psicogeni.
E’ possibile e frequente invece che l’ emotività ne resti turbata a causa dei condizionamenti legati alle modalità di reazione al disturbo. Nell’adolescenza si assiste spesso ad allontanamento nei contatti sociali ed ai problemi causati dalla difficile comunicazione si aggiungono quelli legati alla delicata fase dell’età che culmina nell’ affrontare la pubertà. Si ingenera così, col passare del tempo e l’accumularsi di esperienze negative, l’evitamento di situazioni temute, l’ abbassamento dell’autostima, ipersensibilità ed un certo grado di aggressività ed ansia connesso all’aspettativa del danno. Anni ed anni di frustrazione, di eventuale emarginazione non possono che sfociare in abitudini compromesse dalla sofferenza. Anche le sfere lavorative e sociali ne risultano minate ed è assodato che ansia e stress funzionino da cassa di risonanza nell’apparire dei blocchi, perpetuando un circolo vizioso.
E’ doveroso anche sottolineare che non esiste una vera e propria cura che abbia insito in sé il concetto di guarigione, si può parlare semmai di miglioramento nella qualità di vita e di riacquisizione della fiducia in se stessi, tramite il controllo del disturbo attraverso opportune tecniche insegnate da professionisti formati in tal senso.
Si tratta di un disordine del ritmo della parola nel quale l’individuo sa ciò che vorrebbe dire, ma nel contempo non riesce a farlo a causa di involontari arresti, ripetizioni e blocchi nel flusso aereo.
Le forme prevalenti sono due : clonica e tonica.
La forma clonica – in inglese stuttering – si caratterizza per ripetizioni di fonemi, di sillabe o di intere parole e qualsiasi vocabolo può causare il disturbo. Spesso il balbuziente palesa una certa dose di logofobia, che potremmo definire come la convinzione, in parte errata, che esistano gruppi di fonemi più difficili di altri da pronunciare. Per evitare le parole ritenute problematiche e le situazioni spinose chi balbetta mette in atto le più complesse tattiche: elusione dello sguardo, evitamento della risposta nel dialogo, circonlocuzioni, sostituzioni di parole, etc
Nella forma tonica – stammering – si avvertono invece dei blocchi che impediscono al soggetto addirittura l’inizio della parola o ne interrompono coercitivamente il flusso. Di sovente il disagio può causare tensione generalizzata del corpo, spingendo nel tempo chi ne soffre ad avvalersi di una serie infinita di strategie per vincere l’impasse: sincinesie corporee, ammiccamenti, tics, movimenti degli arti come battere un piede, tamburellare con le dita fino a spasmodici moti del volto. In sostanza una serie di dispendiosi meccanismi per sbloccare la fuoriuscita del flusso aereo.
E’ più comune incontrare forme miste tonico-cloniche, le cui manifestazioni si sommano causando una vera e propria disritmia del parlato, interrompendo la linea melodica ed armoniosa della comunicazione. Può accadere che la parola, in situazioni estreme, si faccia intellegibile. La gravità del problema è molto variabile ed unica per ognuno. Esistono casi in cui la comunicazione si rivela quasi impossibile, altri in cui è discontinua ed altri ancora in cui le difficoltà sono minori e vengono mascherate da sottili meccanismi di compensazione.
A tal proposito sottolineiamo che esiste anche una forma nascosta, che si manifesta nei casi in cui le strategie personali sono apparentemente ben riuscite. Possiamo notare silenzi prolungati prima della risposta, lunghi giri di parole che rendono difficile seguire la continuità logica del pensiero e l’utilizzo costante di parole, fonemi o gesti starter. Si tratta di meccanismi personalizzati che hanno lo scopo di aggirare l’ostacolo o di evitare la pronuncia di “suoni proibiti”. Apparentemente la situazione è ben bilanciata ma il dispendio energetico è comprensibilmente disagevole. Di sovente si tratta di soggetti adulti, con buona cultura di base e con un ricco e forbito vocabolario, spesso conseguenza del tentativo di uscire dal disagio. Non è raro che si tratti di persone che hanno raggiunto un considerevole successo personale.
L’età di insorgenza si colloca solitamente tra i 3 e i 5 anni ma circa l’80% dei bambini che vengono incasellati come balbuzienti, avranno un recupero spontaneo durante l’età scolare. Si tratta di una forma di balbuzie transitoria che nella maggioranza dei casi viene superata nell’arco di un anno e mezzo dall’esordio, è comunque utile che i genitori sappiano come comportarsi in modo tale da non stigmatizzare il problema. La prognosi per le bimbe è generalmente migliore rispetto ai maschi, vi è infatti un’incidenza in età adulta di 4 : 1.
La balbuzie è un disturbo che manifesta un’incidenza statistica superiore nelle persone affette da Sindrome di Down anche se tra chi balbetta esistono frequentemente soggetti precoci e dotati di una spiccata vivacità a livello intellettivo.
E’ ormai superata l’errata e disturbante convinzione della causa traumatica di questa complessa difficoltà nell’eloquio. Negli ultimi dieci anni gli studi sulla genetica e la diagnostica per immagini hanno svelato nuovi orizzonti sulla genesi del disturbo, infatti ad oggi si ritiene che le cause siano da imputare a fattori neurobiologici ed ambientali, piuttosto che psicogeni.
E’ possibile e frequente invece che l’ emotività ne resti turbata a causa dei condizionamenti legati alle modalità di reazione al disturbo. Nell’adolescenza si assiste spesso ad allontanamento nei contatti sociali ed ai problemi causati dalla difficile comunicazione si aggiungono quelli legati alla delicata fase dell’età che culmina nell’ affrontare la pubertà. Si ingenera così, col passare del tempo e l’accumularsi di esperienze negative, l’evitamento di situazioni temute, l’ abbassamento dell’autostima, ipersensibilità ed un certo grado di aggressività ed ansia connesso all’aspettativa del danno. Anni ed anni di frustrazione, di eventuale emarginazione non possono che sfociare in abitudini compromesse dalla sofferenza. Anche le sfere lavorative e sociali ne risultano minate ed è assodato che ansia e stress funzionino da cassa di risonanza nell’apparire dei blocchi, perpetuando un circolo vizioso.
E’ doveroso anche sottolineare che non esiste una vera e propria cura che abbia insito in sé il concetto di guarigione, si può parlare semmai di miglioramento nella qualità di vita e di riacquisizione della fiducia in se stessi, tramite il controllo del disturbo attraverso opportune tecniche insegnate da professionisti formati in tal senso.
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