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Tre aspetti chiave che tutti dovrebbero conoscere sulla balbuzie

1. La balbuzie non è causata da un problema psicologico

Studi scientifici compiuti da ricercatori che operano in prestigiose università a livello internazionale sfatano il mito della causa psicologica della balbuzie. L’apparire della sindrome non può essere ricondotto ad un trauma infantile, ad insicurezza o all’ambiente familiare. Semmai la genesi è multifattoriale ed è da imputare ad un insieme di concause che agiscono in sinergia a livello neurologico/genetico/ambientale che a loro volta possono determinare una sorta di vulnerabilità, di predisposizione personale al disturbo. Le ripercussioni psicologiche ne sono pertanto una conseguenza. La balbuzie non è un’abitudine appresa e non basta uno sforzo di volontà per “parlare bene”.

2. La balbuzie è fluttuante

I balbuzienti possono balbettare severamente in certe situazioni e non balbettare per niente in altre. Addirittura, chi balbetta può esibire diversi gradi di fluenza/disfluenza all’interno delle stesse situazioni e con le stesse persone. Come parlare bene con gli amici e male coi genitori e viceversa. Possono attraversare mesi di buona fluenza per poi ricadere inaspettatamente, senza preavviso alcuno, in altrettanti lunghi periodi di blocchi continui e invalidanti. Le ragioni di questa variabilità non sono ancora del tutto chiare, l’unica cosa che possiamo affermare è che fanno parte della sindrome.

3. Modificare il parlato è un duro lavoro

Non esiste la bacchetta magica che cura la balbuzie così come non esiste la pillola che la fa scomparire. I progressi della medicina in questo campo non hanno ancora ottenuto una soluzione definitiva e stabile, ciò che è possibile offrire è uno strumento facilitatore della fluenza sebbene sia impossibile credere che anni e anni di balbuzie possano essere superati in una manciata di ore. La plasticità corticale del cervello è il nuovo orizzonte a cui guardare, infatti studi di neuroimmagine che necessitano di ulteriori repliche ipotizzano che opportune tecniche riabilitative possano creare nuovi assetti neuronali essenziali per il superamento dei blocchi a lungo termine. Ciò che ad oggi è certo è che per raggiungere la fluenza è necessario un duro lavoro di apprendimento, un impegno costante, simile ad un allenamento sportivo per una gara importante. Fermo restando che in momenti di forte stress sarà comunque necessario riprendere l’uso della tecnica sotto il controllo cosciente, come per qualsiasi altro automatismo. La buona notizia è che anche questo aspetto col tempo diverrà sempre più spontaneo e parte del proprio modo di essere nel mondo.

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