Categoria: Poesie

Covid-19 asta

20 marzo 2020 (covid-19)

Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.

Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.

E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.

Adesso siamo a casa.

È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.

Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.

È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.

Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.

Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.

Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.

A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.

Mariangela Gualtieri

N.B. L’immagine è dell’artista Alessio-B che ha partecipato all’asta benefica in favore della terapia intensiva di Padova

Settembre

Settembre

Guarda settembre: nulla si è perduto
fidandoci delle foglie.
La gioventù venne e se ne andò, gli alberi non si son mossi.
La morte del fratello ti bruciò in lacrime
però il sole c’è ancora.
La casa è stata demolita, non il suo ricordo.
Guarda settembre con la sua pala in spalla
come trascina foglie secche.
La vita vale più della vita, solo questo conta.

Eugenio Montejo (Caracas, 1938 – Valencia, 5 giugno 2008)

Giornata mondiale della poesia

Le oche selvatiche

Non devi essere buono.
Non devi trascinarti ginocchioni,
pentito, per cento miglia attraverso il deserto.
Devi soltanto permettere a quel mite animale, al tuo corpo, di amare ciò che ama.
Parlami della tua disperazione, io ti racconterò la mia.
Intanto, il mondo va avanti.
Intanto, il sole e i chiari cristalli di pioggia
attraversano i paesaggi,
passano sopra le praterie e gli alberi dalle profonde radici,
sopra le montagne e i fiumi.
Intanto, le oche selvatiche, alte nel limpido cielo azzurro,
son di nuovo sulla rotta verso casa.
Chiunque tu sia, non importa quanto solo,
il mondo si offre alla tua immaginazione,
ti manda il suo richiamo come le oche selvatiche, aspro ed eccitante:
annuncia incessantemente la tua appartenenza
alla famiglia delle cose.

Le oche selvatiche – Mary Oliver

A parte l’inizio della primavera (che quest’anno è in realtà iniziata il 20, precisamente alle 17.57 italiane), il 21 marzo è anche la giornata mondiale della poesia.

E a te, che poesia sovviene alla mente?

Ognuno di noi ne ha più d’una, in base ai momenti della vita…

Se ti va, condividila qui sotto nei commenti, sarei felice di leggerla 🙂

Una preghiera…

Per tutte le figlie e le anziane donne, la prova vivente che l’anima, nonostante le denigrazioni culturali affermino il contrario, nonostante le delusioni d’amore, nonostante le scelte sbagliate, nonostante gli scontri e le ferite, che l’anima torna ancora a vivere, vive ancora, e con grande vitalità; per tutte le figlie e le anziane donne che da tempo sono convinte, o da poco hanno avuto l’illuminazione che nonostante le pecche, nonostante l’ego blateri il contrario, la saggezza è infusa nel loro corpo e nella loro anima dalla nascita e rappresenta sia la loro eredità dorata sia la loro scintilla d’oro; per tutte le figlie e le anziane donne che stanno costruendo le credenziali che più hanno importanza: la prova che una donna è come un grande albero che, grazie alla sua capacità di muoversi invece di rimanere immobile può sopravvivere alle tempeste e ai pericoli più terribili e rimanere ancora in piedi, e ritrovare ancora il suo modo di ondeggiare al vento, di continuare la danza. Per tutte le figlie che stanno imparando, che hanno appena iniziato o sono già a buon punto, a diventare normalmente maestose, sagge, selvagge e pericolose come sono chiamate ad essere, che è tanto, tanto, tanto…

Per loro

per noi tutti,

Grande Madre, Grande Padre

Grande Figlio e Grande Figlia allo stesso modo

possiamo tutti

essere più profondi e fiorire,

creare dalle ceneri,

proteggere quelle arti, idee e speranze

cui non possiamo permettere di scomparire

dalla faccia di questa terra.

Per tutto questo, possiamo vivere a lungo

e amarci l’un l’altro

giovani da vecchi

e vecchi da giovani

per sempre.

Clarissa Pinkola Estés – La Danza delle grandi Madri
Gramellini_Versiliana

Gramellini e il senso della vita

Il 18 Agosto 2012 presso La Versiliana (Marina di Pietrasanta) nel ciclo di “Incontri al Caffè” è stato ospite Massimo Gramellini e con l’occasione ha presentato al pubblico presente il suo ultimo libro – Fai bei sogni; con la sua consueta apertura, ironia ed empatia ha raccontato di come sia riuscito a dare un senso alla morte della madre avvenuta in tenera età e del suo percorso interiore di accettazione.

Ha condotto Adriano Fabris, filosofo.

Per chi volesse ascoltare gli interventi per intero qui il link ai video, mentre sotto vi riporto alcuni stralci delle sue parole, sempre toccanti, sempre vere, apparentemente ovvie… Fino a quando non tocca a noi in prima persona.

“Da una parte la paura uccide sempre l’amore ma poi il pensiero della mamma mi procurava dei fremiti di rabbia mescolati a una tenerezza che sconfinava nella pena.”

– Ma perchè?  Perchè… e non perchè soltanto muore una mamma  di quarant’anni lasciando un bambino di 9, ma perchè ogni giorno accadono centinaia di altre cose atroci?[…]

– Le risposte in questi casi sono: o che Dio è cattivo o che non c’è nulla e quindi tutto è casuale… […]

– La vita in qualche modo è anche filosofia ; io sono arrivato alla conclusione di questo mio percorso interiore… mi sono fatto le domande che tutti ci facciamo, me le sono fatte un pò prima […] non è normale che un bambino di 9 anni si chieda perchè esiste la morte. Io me lo sono chiesto semplicemente perchè l’ho vissuta. E la conclusione che mi sono dato, a cui sono arrivato, è che invece la vita ha un senso; che tutto ciò che ci succede ha un senso e che evidentemente il senso della mia vita era quello di riuscire a dimostrare di poter evolvere, crescere, in assenza della figura di una madre. Che è una cosa terribile, una grande difficoltà… Ma ognuno, ognuno ha una difficoltà… anche la persona che apparentemente noi invidiamo di più perchè la vediamo in ottima salute, benestante, di ottima famiglia… sicuramente anche lui, noi non lo sappiamo, ma ha un enorme problema  da risolvere. Io credo davvero che noi ci incarniamo  e viviamo su questo piano  e quindi indossiamo, entriamo nella materia, con tutto ciò che questo comporta di bello e anche di brutto. Il corpo naturalmente ci permette di provare dei meravigliosi piaceri ma  ci costringe anche a delle grandi limitazioni. Il nostro spirito accetta di entrare in questa carcassa perchè deve fare qualche cosa. Io dico sempre che se noi finiamo la vita come l’abbiamo cominciata vuol dire che la vita non ci è servita a niente. La vita deve servire a qualche cosa  e cos’è che ci porta a crescere, ad evolvere? Le difficoltà.

– A cosa serve il dolore, a cosa servono  le prove… Secondo me: a sfidarci. A costringerci a tirar fuori una parte di noi che non sapevamo di avere. Le persone che crescono nella bambagia, senza avere difficoltà, senza avere mai una sofferenza di nessun genere, sono persone che non evolvono, perchè non hanno l’opportunità di evolvere.

– Il mio talento è quello di comunicare e lo uso, ognuno però ha un suo talento, secondo me questa è una cosa importante  che i filosofi dovrebbero dire di più… Ricordare che ogni essere umano ha un talento, e ha un sogno, che deve tirare fuori, è ora di spezzare queste gabbie fatte di no, no, non è possibile… non si può… Ogni volta che c’è un desiderio , una possibilità di cambiare la prima reazione è sempre: No! Non voglio cambiare, di ogni cosa io non vedo mai la possibilità… Di ogni cosa che accade, perfino di una cosa cupa come quella che stiamo vivendo adesso, cioè una  crisi di cui non vediamo lo sbocco… ma è evidente che questa  crisi può essere un’ occasione. Crisis… sapete cosa vuol dire? Crisis nel linguaggio delle sceneggiature è la svolta, già in greco voleva dire questo, la crisi è un’opportunità. Può essere l’opportunità per distruggerti come quella per evolvere; sta a te. E’ il libero arbitrio che ti porta a scegliere come affrontare … Quello che io ho provato a dire in questo libro è che non dobbiamo più dare giudizi su ciò che accade, perchè il bene e il male sono compenetrati, ciò che a noi sembra …. Noi decidiamo che una cosa è bene, che una cosa è male… ma l’universo non obbedisce a queste regole, a questi giudizi.

Secondo me quello che dobbiamo fare è prendere tutto il bene e tutto il male che vengono nello stesso identico modo. Come diceva Kipling nella meravigliosa poesia If/Se, “se tu imparerai a trattare la vittoria e la sconfitta, questi due impostori, nello stesso modo.”

(In chiusura per chi non la conoscesse la riporto per intero)

SE…
Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall’odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;

Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”.

Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l’amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E – quel che è di più – sei un Uomo, figlio mio!

(Rudyard Kipling)

 

Non rinunciare…

Quando le cose vanno male come a volte accade,
Quando la strada che stai percorrendo sembra farti arrancare in salita,
Quando i soldi sono pochi e i debiti tanti,
E tu vuoi sorridere ma ti trovi a sospirare,
Quando le preoccupazioni ti schiacciano,
Riposati, se devi, ma non mollare.
La vita è bizzarra con i suoi colpi di scena,
come ognuno di noi a volte impara,
e spesso il fallimento fa un’inversione di marcia,
Quando avrebbe potuto vincere se avesse resistito,
non mollare se il ritmo sembra lento,
puoi riuscire al prossimo colpo.
Il successo è il fallimento rovesciato,
il colore argenteo delle nuvole del dubbio,
e non si può mai dire quanto ci sei vicino,
potrebbe esserti accanto quando ti sembra così lontano,
perciò aderisci alla lotta anche se sei duramente colpito,
è quando le cose sembrano peggiori che non si deve rinunciare.
Di tutte le parole scritte o pronunciate
queste sono le più tristi: “Sarebbe potuto essere!”

Don’t Quit – di John Greenleaf Whittier

 

 

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